Data: 2001
Giornale: Il Mattino
di Federico Vacalebre
Il suono di una Napoli meticcia
«IMAGINARIA», DISCO DAL SOUND GLOBALE
La separazione da Paolo Polcari, il ritorno al dialetto, i versi di Guillèn e Khayyam. Poi New York
NAPOLI - Vedi alla voce new electronica. Oppure CantaNapoli 2001. O, ancora, Nuovi SuonidalMediterraneo. Parliamo di Imaginaria, l'album che sancisce l'uscita di Paolo Polcari dagli Almamegretta e riconsegna ai fans della band un sound viscerale, meticcio, contaminato, che chiede alla tradizione di rinnovarsi nella contemporaneità delle accelerazioni techno. Nonostante radio e tv sembrino incapaci di trasmettere i loro suoni.
Dopo un disco cerebrale come «4/4», «Imaginaria» mostra il lato più istintivo e sensuale del gruppo: «L'album precedente è stato molto ragionato, questo è nato quasi come una reazione, siamo entrati negli studi milanesi di Mauro Pagani e ci siamo divertiti a suonare», racconta Raiz, «senza chiederci che direzione prendeva la nostra musica, dove dovevamo piegarla. L'istinto ha così portato gli Alma a mettere in soffitta l'uso dell'italiano a cui erano approdati con «4/4» e frequentate poco il «lingo» per privilegiare nuovamente il dialetto partenopeo, «la lingua in cui scrivo e canto meglio», continua Raiz, voce carnale, appassionata e verace che canta canzoni d'amore e d'Intifada dove le più belle dei Quartieri Spagnoli si confondono con i giovani ribelli palestinesi, mentre i versi sacri di Omar Khayyam (tradotti in dialetto per «Rubayyat») si succedono a quelli rivoluzionari di Nicolàs Guillèn («Caña»).
«Imaginaria» riprende la rifiessione sugli anni Settanta iniziata da Pappi Corsicato con «Chimera», ma ripensa il decennio a partire dai suoni un po' progressive ed un po' neapolitan power, oltre che da immagini da pulp fiction partenopea: «Mergellina 70», ad esempio, è nata guardando una foto in 3D dei Massive Attack scattata a Napoli, ma anche pensando ai film sugli scafi blu, a Pino Mauro che osservava il mare fumando una Marlboro di contrabbando».
La Napoli aperta di «Imaginaria» («sì alla contaminazione culturale come valorizzazione delle differenze, no all' appiattimento e alla globalizzazione che annulla le singole voci»), (con)fonde le sue melodie ancestrali coi ritmi elettronici, il respiro profondo del reggae e del dub («Fa' ammore cu'mme» e la conclusiva «Rubb da dubb»), il sound d'Afrique, le passioni funky («Crazy days&crazy night»), il vento d'Oriente caro a Pino Daniele e i Transglobal Underground («Catene»), qualche eco del jazz-rock che fu («Caña», schierato ancora una volta dalla parte dei Davide che combattono contro i Golia, ma anche «Rubayyat», gli omaggi alla santeria che si fondono con quelli alle tradizioni campane («Pa’ Chango»).
Produttori di se stessi, Gennaro Tesone e D.RaD tessono perle sonore come la tenera «N'ata vota», in cui Raiz si scatena in acrobazione fonetiche che per grana e corposità emotiva richiamano a tratti la lezione di maestri assoluti come Demetrio Stratos e Nusrat Fateh Ali Khan. «'E guaglione d"o sole» è un'altra perla d'intensità dedicata ai martiri palestinesi: «Si quaccheduno dice tu cca nun può sta' tu nun 'o penzà... Sta scritto ca latte e miele sta terra ce dà, ma ddò sta scritto ca pe'tte nun ce ne ha da stà».
L'ex Polcari firma ancora da autore un paio di brani: «Con Paolo siamo amici e quando è possibile lavoriamo insieme, abbiamo appena finito la colonna sonora per il nuovo film di Antonio Capuano, "L'Orestea". Rispetto la sua decisione anche se è stata molto dolorosa per me», confessa Raiz: «Paolo ha deciso di vivere a Londra, dove ha fatto delle cose ottime nel campo della dance. Ma in qualche modo è ancora con noi, spero anzi che possa partecipare alla seconda parte del nostro tour: quello estivo parte a giorni, lui potrebbe raggiungerci per quello autunnale». Tenere insieme la band, non perdere lo spirito della band è uno degli obiettivi principali di Rino: «Un po' di diplomazia serve a restare uniti, a cercare nuovi stimoli. Come quello del 20 settembre: suoneremo al Roxy di New York su invito dell'Istituto italiano di cultura. E il giorno prima ci toglieremo lo sfizio di festeggare San Gennaro a Little Italy: due terzi della band si chiamano Gennaro.
Aggiornato Sabato, 10 Settembre 2005
Giornale: Il Mattino
di Federico Vacalebre
Il suono di una Napoli meticcia
«IMAGINARIA», DISCO DAL SOUND GLOBALE
La separazione da Paolo Polcari, il ritorno al dialetto, i versi di Guillèn e Khayyam. Poi New York
NAPOLI - Vedi alla voce new electronica. Oppure CantaNapoli 2001. O, ancora, Nuovi SuonidalMediterraneo. Parliamo di Imaginaria, l'album che sancisce l'uscita di Paolo Polcari dagli Almamegretta e riconsegna ai fans della band un sound viscerale, meticcio, contaminato, che chiede alla tradizione di rinnovarsi nella contemporaneità delle accelerazioni techno. Nonostante radio e tv sembrino incapaci di trasmettere i loro suoni.
Dopo un disco cerebrale come «4/4», «Imaginaria» mostra il lato più istintivo e sensuale del gruppo: «L'album precedente è stato molto ragionato, questo è nato quasi come una reazione, siamo entrati negli studi milanesi di Mauro Pagani e ci siamo divertiti a suonare», racconta Raiz, «senza chiederci che direzione prendeva la nostra musica, dove dovevamo piegarla. L'istinto ha così portato gli Alma a mettere in soffitta l'uso dell'italiano a cui erano approdati con «4/4» e frequentate poco il «lingo» per privilegiare nuovamente il dialetto partenopeo, «la lingua in cui scrivo e canto meglio», continua Raiz, voce carnale, appassionata e verace che canta canzoni d'amore e d'Intifada dove le più belle dei Quartieri Spagnoli si confondono con i giovani ribelli palestinesi, mentre i versi sacri di Omar Khayyam (tradotti in dialetto per «Rubayyat») si succedono a quelli rivoluzionari di Nicolàs Guillèn («Caña»).
«Imaginaria» riprende la rifiessione sugli anni Settanta iniziata da Pappi Corsicato con «Chimera», ma ripensa il decennio a partire dai suoni un po' progressive ed un po' neapolitan power, oltre che da immagini da pulp fiction partenopea: «Mergellina 70», ad esempio, è nata guardando una foto in 3D dei Massive Attack scattata a Napoli, ma anche pensando ai film sugli scafi blu, a Pino Mauro che osservava il mare fumando una Marlboro di contrabbando».
La Napoli aperta di «Imaginaria» («sì alla contaminazione culturale come valorizzazione delle differenze, no all' appiattimento e alla globalizzazione che annulla le singole voci»), (con)fonde le sue melodie ancestrali coi ritmi elettronici, il respiro profondo del reggae e del dub («Fa' ammore cu'mme» e la conclusiva «Rubb da dubb»), il sound d'Afrique, le passioni funky («Crazy days&crazy night»), il vento d'Oriente caro a Pino Daniele e i Transglobal Underground («Catene»), qualche eco del jazz-rock che fu («Caña», schierato ancora una volta dalla parte dei Davide che combattono contro i Golia, ma anche «Rubayyat», gli omaggi alla santeria che si fondono con quelli alle tradizioni campane («Pa’ Chango»).
Produttori di se stessi, Gennaro Tesone e D.RaD tessono perle sonore come la tenera «N'ata vota», in cui Raiz si scatena in acrobazione fonetiche che per grana e corposità emotiva richiamano a tratti la lezione di maestri assoluti come Demetrio Stratos e Nusrat Fateh Ali Khan. «'E guaglione d"o sole» è un'altra perla d'intensità dedicata ai martiri palestinesi: «Si quaccheduno dice tu cca nun può sta' tu nun 'o penzà... Sta scritto ca latte e miele sta terra ce dà, ma ddò sta scritto ca pe'tte nun ce ne ha da stà».
L'ex Polcari firma ancora da autore un paio di brani: «Con Paolo siamo amici e quando è possibile lavoriamo insieme, abbiamo appena finito la colonna sonora per il nuovo film di Antonio Capuano, "L'Orestea". Rispetto la sua decisione anche se è stata molto dolorosa per me», confessa Raiz: «Paolo ha deciso di vivere a Londra, dove ha fatto delle cose ottime nel campo della dance. Ma in qualche modo è ancora con noi, spero anzi che possa partecipare alla seconda parte del nostro tour: quello estivo parte a giorni, lui potrebbe raggiungerci per quello autunnale». Tenere insieme la band, non perdere lo spirito della band è uno degli obiettivi principali di Rino: «Un po' di diplomazia serve a restare uniti, a cercare nuovi stimoli. Come quello del 20 settembre: suoneremo al Roxy di New York su invito dell'Istituto italiano di cultura. E il giorno prima ci toglieremo lo sfizio di festeggare San Gennaro a Little Italy: due terzi della band si chiamano Gennaro.
Aggiornato Sabato, 10 Settembre 2005