Data: luglio 2001
Giornale: Max
di Andrea Spinelli
Hanno intrecciato lingue, ritmi e generi. E fatto della contaminazione il loro marchio di fabbrica.
Oggi, invece, la voce ipnotica di Raiss ha riscoperto il napoletano. Ma il sound non è cambiato. Sempre più meticcio, sempre più sensuale. Tra raggae, hip-hop e dance.
Dopo aver lasciato O sciore cchiù felice nel fermo immagine di The cell, gli Almamegretta mettono le ali al "neapolitan power" dei loro suoni meticci dando alle stampe un Imaginaria che odora d'istinto e di sensualità. Ascoltare Mergellina '70 o Fa ammore cu'mme serve a capire perché i 2/3 della band si chiamano Gennaro. Perché Raiss è il muezzin dei bassi, il gran sacerdote del dub partenopeo, la lingua allenata a battere il tamburo di quella mobilitazione creativa che va da Manchester ai Quartieri Spagnoli, il carneade di una napoletanità capace di metabolizzare reggae, hip-hop e dance. Accantonato l'italiano del cerebrale predecessore 4/4, alleggerita al minimo contrattuale lapornmobile babele linguistica del "lingo" che imperversa in gran parte del repertorio, la "musica crocevia" degli Almamegretta torna ad ancorarsi strettamente all'idioma partenopeo, il solo capace di tratteggiare quella "CantaNapoli 2001" in cui la voce di Sergio Bruni incontra il basso di Bill Laswell e la chitarra di Pino Daniele forma un melting pot trasversale con l'elettronica dei Trans-Global Underground. Paolo Polcari ha mollato la partita per far salire il ritmo delle piste da ballo londinesi, ma quell'"Alma" migrante che affiora dai versi sacri di Omar Khayyam (Rubayyat) e dagli scritti rivoluzionari di Nicolàs Guillèn (Caña) spinge i 3 superstiti di nuovo sulla strada; oggi, qua e là per l'ltalia, a settembre al Roxy di New York su invito dell'Istituto italiano di cultura. Figli di Annibale, per sempre.
Aggiornato Sabato, 10 Settembre 2005
Giornale: Max
di Andrea Spinelli
Hanno intrecciato lingue, ritmi e generi. E fatto della contaminazione il loro marchio di fabbrica.
Oggi, invece, la voce ipnotica di Raiss ha riscoperto il napoletano. Ma il sound non è cambiato. Sempre più meticcio, sempre più sensuale. Tra raggae, hip-hop e dance.
Dopo aver lasciato O sciore cchiù felice nel fermo immagine di The cell, gli Almamegretta mettono le ali al "neapolitan power" dei loro suoni meticci dando alle stampe un Imaginaria che odora d'istinto e di sensualità. Ascoltare Mergellina '70 o Fa ammore cu'mme serve a capire perché i 2/3 della band si chiamano Gennaro. Perché Raiss è il muezzin dei bassi, il gran sacerdote del dub partenopeo, la lingua allenata a battere il tamburo di quella mobilitazione creativa che va da Manchester ai Quartieri Spagnoli, il carneade di una napoletanità capace di metabolizzare reggae, hip-hop e dance. Accantonato l'italiano del cerebrale predecessore 4/4, alleggerita al minimo contrattuale lapornmobile babele linguistica del "lingo" che imperversa in gran parte del repertorio, la "musica crocevia" degli Almamegretta torna ad ancorarsi strettamente all'idioma partenopeo, il solo capace di tratteggiare quella "CantaNapoli 2001" in cui la voce di Sergio Bruni incontra il basso di Bill Laswell e la chitarra di Pino Daniele forma un melting pot trasversale con l'elettronica dei Trans-Global Underground. Paolo Polcari ha mollato la partita per far salire il ritmo delle piste da ballo londinesi, ma quell'"Alma" migrante che affiora dai versi sacri di Omar Khayyam (Rubayyat) e dagli scritti rivoluzionari di Nicolàs Guillèn (Caña) spinge i 3 superstiti di nuovo sulla strada; oggi, qua e là per l'ltalia, a settembre al Roxy di New York su invito dell'Istituto italiano di cultura. Figli di Annibale, per sempre.
Aggiornato Sabato, 10 Settembre 2005