Data: 4 giugno 2001
Giornale: Il Messaggero
di Fabrizio Zampa
«Questa volta abbiamo unito la melodia araba a reggae, funk e techno»
ROMA - Mescolare linguaggi, suoni, e culture musicali oggi è quasi un'obbligo per chi vuol guardare avanti e seguire i ritmi del mondo, ma loro già lo facevano agli inizi, dieci anni fa, e adesso hanno allargato gli orizzonti, hanno perfezionato il loro modo di viaggiare e hanno recuperato la libertà creativa degli anni settanta. È la prima cosa che si nota ascoltando Imaginaria, il nuovo bellissimo album dei napoletani Almamegretta, il cui titolo è davvero l'ideale per raccogliere dodici brani che scivolano felici lungo 71 minuti di «musica che non corriponde ai requisiti chiesti dai network radiofonici commerciali», come la definiscono loro, ma che sono il trionfo della creatività, di suoni, di parole e di ritmi che fanno ragionare e sognare, ballare e meditare, battere il tempo e lasciarsi andare al proprio istinto.
«Il nostro messaggio è sempre uguale: ogni disco è lo sviluppo e l'evoluzione del precedente, e stavolta ci sono molta melodia di origine araba, tanto ritmo, un'escursione fra reggae, funk e techno, riferimenti alla cultura cubana, la consueta dose di melodia napoletana, insomma il “Mediterraneo” come cultura complessiva», spiegano Gennaro e Raiz. Ma il nocciolo di Imaginaria è, come si diceva una volta, l'immaginazione al potere. Nei brani del cd, da Catene a Mergellina ‘70, dallo splendido Rubayyat a 'E guagione d''o sole, da Fa' ammore cu' mme a un Pa' Chango cantato in lingua yomba che mescola rituali caraibici e napoletani, da Rubb da Dubb a N'ata vota, vivono atmosfere e suoni saporiti di Nordafrica, di Balcani, di Sud e d'Oriente, con testi sui quali è d'obbligo, per chiunque non sia cretino, viaggiare con la fantasia. Aggiungere tanti strumenti, dal violino all'oud (il mandolino arabo), dalla darbouka alle percussioni e ai sequencer, e avrete un'idea del mix che vi attende.
Imaginaria è un album splendido ma difficile da raccontare a parole: per assorbirne tutto il fascino va ascoltato e riascoltato, e per comprenderlo meglio eccovi alcuni pensierini della band: «Gli incontri fra culture non devono essere omologazione o appiattimento, ma valorizzazione delle differenze»; «È bello mischiare il riso basmati indiano col ragù partenopeo»; «Ci piace pensare che le culture fra loro si comprendano: puoi chiudere la porta ma ci sarà sempre qualcuno che la sfonda, perché il mondo oggi è fatto di immigrazione». Capito che aria tira?
Aggiornato Sabato, 10 Settembre 2005
Giornale: Il Messaggero
di Fabrizio Zampa
«Questa volta abbiamo unito la melodia araba a reggae, funk e techno»
ROMA - Mescolare linguaggi, suoni, e culture musicali oggi è quasi un'obbligo per chi vuol guardare avanti e seguire i ritmi del mondo, ma loro già lo facevano agli inizi, dieci anni fa, e adesso hanno allargato gli orizzonti, hanno perfezionato il loro modo di viaggiare e hanno recuperato la libertà creativa degli anni settanta. È la prima cosa che si nota ascoltando Imaginaria, il nuovo bellissimo album dei napoletani Almamegretta, il cui titolo è davvero l'ideale per raccogliere dodici brani che scivolano felici lungo 71 minuti di «musica che non corriponde ai requisiti chiesti dai network radiofonici commerciali», come la definiscono loro, ma che sono il trionfo della creatività, di suoni, di parole e di ritmi che fanno ragionare e sognare, ballare e meditare, battere il tempo e lasciarsi andare al proprio istinto.
«Il nostro messaggio è sempre uguale: ogni disco è lo sviluppo e l'evoluzione del precedente, e stavolta ci sono molta melodia di origine araba, tanto ritmo, un'escursione fra reggae, funk e techno, riferimenti alla cultura cubana, la consueta dose di melodia napoletana, insomma il “Mediterraneo” come cultura complessiva», spiegano Gennaro e Raiz. Ma il nocciolo di Imaginaria è, come si diceva una volta, l'immaginazione al potere. Nei brani del cd, da Catene a Mergellina ‘70, dallo splendido Rubayyat a 'E guagione d''o sole, da Fa' ammore cu' mme a un Pa' Chango cantato in lingua yomba che mescola rituali caraibici e napoletani, da Rubb da Dubb a N'ata vota, vivono atmosfere e suoni saporiti di Nordafrica, di Balcani, di Sud e d'Oriente, con testi sui quali è d'obbligo, per chiunque non sia cretino, viaggiare con la fantasia. Aggiungere tanti strumenti, dal violino all'oud (il mandolino arabo), dalla darbouka alle percussioni e ai sequencer, e avrete un'idea del mix che vi attende.
Imaginaria è un album splendido ma difficile da raccontare a parole: per assorbirne tutto il fascino va ascoltato e riascoltato, e per comprenderlo meglio eccovi alcuni pensierini della band: «Gli incontri fra culture non devono essere omologazione o appiattimento, ma valorizzazione delle differenze»; «È bello mischiare il riso basmati indiano col ragù partenopeo»; «Ci piace pensare che le culture fra loro si comprendano: puoi chiudere la porta ma ci sarà sempre qualcuno che la sfonda, perché il mondo oggi è fatto di immigrazione». Capito che aria tira?
Aggiornato Sabato, 10 Settembre 2005