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o f f i c i a l w e b s i t e

Almamegretta

Suite Imaginaria, Meditterraneo techno

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Data: 2 giugno 2001
Giornale: il manifesto
di Flaviano De Luca

Dodici brani profumati d’Arabia e di melodie funk-napoletane con una carica ritmica travolgente, con andamento duro e compatto

In uscita l’album degli Almamegretta, ancora più meticciato

ROMA - Macchie di fantasia e ritmica desiderante per una musica Imaginaria: così si chiama il quinto album degli Almamegretta, in uscita nei negozi. «Meglio Imaginaria con una emme sola, è più vicino al latino e all'inglese, ha un taglio più internazionale, come i suoni che sono un incrocio di tantissime suggestioni e influenze diverse - racconta il batterista Gennaro Tesone, uno dei tre superstiti della band dopo l'abbandono del tastierista Paolo, trasferitosi a Londra ma presente in alcuni brani dell'album – È stato tutto registrato negli studi milanesi di Mauro Pagani che ha alcune stupende chitarre vintage (d'annata) e ha pure suonato un p0' di strumenti sparsi, dal flauto al violino. Siamo stati molto aiutati dal Pro-Tools, un personal computer dove puoi registrare infinite tracce digitali e successivamente le puoi tagliare, combinare, copiare, scegliendo le parti migliori».
All’ascolto c’è un’insinuante atmosfera mediterranea («ecco il motivo delle alici, i pesci in copertina, pescare è un'attività antica di queste sponde»), un colore molto arabo, sonorità di oud e violini amplificate da un canto affascinante e in parte incomprensibile di Raiz (in Catene e Fa' ammore cu' me che sembra il seguito di Nun te scurdà). Una striscia melodica napoletana che ogni tanto salta fuori da una ritmica dura, compatta, avvolgente (N'ata vota). Un vigoroso frullato di effetti elettronici, campionamenti, pornmobile.onlineschegge reggae, battute techno mozzafiato, dub.
Venivamo da un disco molto studiato e abbastanza pop, 4/4, tutto basato sulle canzoni e abbiamo deciso di puntare sull'altro versante, sull'istinto totale, sull’entrare in studio senza un canovaccio abbozzato, un work in progress avvincente - racconta Raiz, autore degli appassionanti testi dialettali con puntate anglosassoni - Non ci sentiamo di rappresentare Napoli in nessun modo, rappresentiamo solo noi stessi, tre persone che fanno musica con molta testardaggine e qualche idea. Certo ci piace della città questo aspetto di fusione di tante culture, dai calcidesi e alessandrini della Magna Grecia agli africani immigrati d'oggi. Questo grande villaggio pasoliniano, una porta aperta, un esempio del crogiuolo interrazziale che è molto presente anche in quello che facciamo, utilizzando stimoli e armonie differenti. È il caso di Pa'Chango, un lungo strumentale, un'improvvisazione di dieci minuti nata da alcune strofe suonate dal nostro percussionista Ernestico, che è un santero fedele a Chango, questa divinità yoruba che si venera anche a Cuba, ma che abbiamo intrecciato con andamenti classici da processione nostrana, come potrebbe essere quella per la Madonna dell'Arco. La porta la puoi anche chiudere ma stai sicuro che, prima o poi, arriverà qualcuno a sfondarla. In tour penso che rifaremo anche Figli di Annibale, una delle nostre prime canzoni che non presentiamo più da anni eppure è dotata di grande attualità, con questi episodi di razzismo e di caccia all'immigrato che si ripetono».
C'è anche un forte riferimento agli anni '70 nelle sonorità («abbiamo usato piani elettrici Fender Rhodes e Wurlitzer, sintetizzatori analogici come il Moog») e nella libertà creativa («non era allora che dicevano l'immaginazione al potere?») di svariare su registri sonori diversi, su soluzioni inconsuete. Ecco così Crazy days & crazy nights, una citazione dei lavori di Bim Sherman, «un cantante reggae morto l'anno scorso che ha lavorato con Adrian Sherwood e ci ha molto influenzato» o Caña, ispirato ai versi di un poeta cubano, Nicolàs Guillén e Rubayyat, che si richiama alla poesia persiana dell'XI secolo. «Insomma siamo per la valorizzazione delle differenze, contro la globalizzazione, contro il proliferare del cibo finto alla McDonald, contro questo gusto medio che tutto appiattisce, che non fa andare i nostri pezzi alla radio perché non rientrano nella programmazione classica attenta allo share e alla pubblicità». Al posto delle radio commerciali, Radio Uno Music Club promuoverà anche il tour del gruppo, che durerà da fine giugno a settembre. Non è prevista, invece, la partecipazione alle contromanifestazioni di Genova per il G8.
Come definiresti questo disco? «Un gustoso incontro di riso basmati e ragù napoletano», l'icastica chiusura di Raiz.

Aggiornato Sabato, 10 Settembre 2005
Ultimo aggiornamento ( Martedì 28 Luglio 2020 11:37 )  

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