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Almamegretta

Il Mattino 28-03-08

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ALMAMEGRETTA E IL REGGAE DEL “VULGUS”

Reggae, lingo e trip folk. Sempre più collettivo aperto, gli Almamegretta ripartono dal “Vulgus”, dalla cultura popolare contemporanea, orgogliosi di essere “volgari”, veraci, contaminati, glocal, illuminati dai corsi e ricorsi sonori. Torna, per un brano solo, Raiz che è uscito dal gruppo ma non dalla famiglia. Torna la voce di Julie Higgins, già apprezzata ai tempi di “Lingo”. Torna il ritmo in levare giamaicano, torna la filosofia sonico-esistenziale del Dub. Torna il dialetto come suono-scelta di campo che non impedisce l’uso di altre lingue-culture. E torna la volontà di confessarsi figli di Annibale e del neapolitan power.

“Vulgus” (Sanacore/Edel), con la copertina di Mimmo Paladino, “rinnova nella continuità il marchio Alma”, commenta Gennaro “T” Tesone, batterista e portavoce: “Il brano che dà il titolo al disco è un cut up di espressioni ideomatiche quotidiane, un rosario di bisogni, spontanei ed essenziali o indotti che siano”. La prima voce a scendere in campo, per “Vulgus” appunto, è quella scura e carnale di Lucariello: “Napule nun sona cchiù comme ‘na vota”, suggerisce con una delle frasi fatte che sanno raccontare la realtà. “E’ vero”, riflette mister T, “perché se da un lato parla di un’egemonia lontana, quella della canzone napoletana sul resto del mondo, dall’altra simbolizza la crisi della città, il sogno deluso del rinascimento, l’emergenza di Napoli non fogna ma specchio e frontiera d’Italia”.

Nel gioco dei beat dilatati, delle ritmiche che chiedono ai bassi di farla da padroni e di scaldare i cuori e le danze, l’inglese si succede al dialetto per incontrare per la prima volta anche il greco (una delle new entry vocali è Marina Mulopulos, di origini elleniche), l’elettronica contamina il vento giamaicano. La voce di miele di Horace Andy (“Just say who”) riallaccia i contatti con il giro di Bristol, come farà quest’estate il Neapolis Festival, che per il 17 luglio annuncia insieme Massive Attack, Almamegretta e Raiz, come se un decennio non fosse passato.

Ma i tempi passano, e allora “the original one” Gennaro Della Volpe, detto “’O Raiz”, ripassa da casa e lascia il segno della sua ugola profonda in “Guarda annanz’”, storia di Johnny che ha il coraggio di non trovare il coraggio per diventare un camorrista: “E’ come se si completasse la trilogia criminale iniziata con “’O bbuono e ‘o malamente” e proseguita con “47””, continua Tesone. Il passato che non passa sta nell’omaggio a Stefano D.RaD Facchielli di “Shangri-La” e nella cover di “Mo’ Basta”: “Pino Daniele ha dato voce a una Napoli oggi tornata afona. Il suo pezzo è così attuale che vale per monito e slogan dei giorni nostri”. Dal mascalzone latino al poeta del Bronx vesuviano: “Lanzetta ci ha scritto due testi, “Primmavera nova”, cantata da Zaira e bocciata a Sanremo dove il dialetto è considerato un parente povero dell’italiano, e “Bum bum”, che Peppe declama come un poeta del toasting, come il nostro Linton Kwesi Johnson”. Zia Titina è tornata, “ha messo a fa’ ‘o ragù, ma Eduardo nun ce abbasta cchiù”, mentre dovunque cadono bombe, a Damasco, “mmiezo ‘a ferrovia” dove canta un muezzin metronapoletano. Ma dal cielo piovono anche lapilli dell’eruzione del Vesuvio: in “Pompei day” “’a paura se fa spazio dinte ‘o core d’’a gente quanno l’aria se abbrucia e ‘o fuoco se fa viento. Dormono, magnano, bevono, fottono”. Unico conforto possibile è l’antico canto-stornello di “E da piccolo fanciullo incominciai”, con la voce antica di Piero Brega (ex Canzoniere del Lazio). Parole e musica fedeli alla linea, insomma, e di questi tempi è già molto.

Federico Vacalebre

Ultimo aggiornamento ( Martedì 28 Luglio 2020 12:04 )  

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