Tamurriata psichedelica

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Data: marzo 1994
Giornale: Tutto
di Nino Marchesano

Con i Pink Floyd e Jimi Hendrix nella testa è nato Animamigrante, il primo album della band partenopea. Direttamente dal ventre di Napoli, senza tirare in ballo Pulcinella


Una voce calda, sulfurea, disperatamente sussurrata, che sembra partire da lontano, dalla tradizione delle tammurriate e del folk, per poi materializzarsi in un linguaggio metropolitano, sostenuto dai ritmi del dub e da inquietanti atmosfere psichedeliche.

È l'intrigante miscela sonora che si ascolta in Animamigrante, primo album della band napoletana Almamegretta. Dieci brani con testi dialettali che esprimono rabbia e disperazione, scritti e cantati raccontando strie di quotidiana sopraffazione.
Uscito a distanza di un anno dal mix Figli di Annibale, un brano ispirato a Malcolm X, il disco è presentato in questi giorni dal vivo in locali e centri sociali.

Eppure, i vari Gennaro T., Borrelli, Raiss, Orbit, Pablo e D.RaD non vogliono assolutamente sentir parlare di posse o, almeno, di quello che comunemente si intende con questa espressione:

«Oggi, chi fa un certo tipo di musica, utllizzando i piatti e i microfoni, viene definito subito come una posse», ironizza Raiss, il cantante dalla voce roca e sognante. «Noi ci sentiamo molto più vicini al movimento chiaramente identificabile come hip hop, alla cultura di strada che è nata nelle metropoli americane come Los Angeles e New York».

«Ma poi, perché definirsi a tutti i costi?», interviene Gennaro T., fondatore del gruppo insieme al chitarrista. «Forse siamo semplicemente i freakkettoni degli Anni 90. In realtà Almamegretta è un progetto musicale che vuole mettere insieme delle cose apparentemente diverse, come la ritmica giamaicana con le melodie mediterranee oppure con quelle che provengono dal Nordafrica o dall'Oriente.
Un discorso che era in qualche modo implicito fin dai tempi dell'esordio, quando vinsero, nella metà degli Anni 80, l'edizione nazionale di un rock-contest: «Ma poi le nostre strade cominciarono a divergere», continua il batterista mentre si aggiusta la sua acconciatura con codino. "Oggi abbiamo ricominciato con altri prosupposti. L'arrivo di altre persone è stato importantissimo per noi. Siamo ripartiti dal reggae giamaicanopornmobile.online, ma abbiamo riscoperto anche la musica popolare, le sonorità delle nostre radici. Il batterista, ad esempio, è della provincia napoletana, e l'idea di mettere la voce popolana di Giovanni "Pellecchiella" Pirozzi nella canzone 'O cielo pe' Cuscino è sua».

Una canzone che simbolicamente racchiude l'intero album, costruito con frequenti rimandi alla tradizione popolare, ma cercando di far emergere un'anima moderna dal ventre della città»: «Quando la vivi tutti i giorni per strada, viene naturale scrivere canzoni come 'O bbuono e '0 malamente. Napoli ha subito le influenze negative del potere, le sue degenerazioni, ma questa è una storia che risale all'unità d'ltalia, come cantiamo in un'altra canzone che abbiamo intitolato Sudd. Purtroppo oggi c'è gente che, dotandosi di orchestre con elementi, peraltro, bravissimi, cade nello stereotipo, tirando in ballo Pulcinella e il Vesuvio, quando invece il soffocamento urbano, l’eroina, la violenza sono le stesse come a Miami o nel Bronx».
«Sanghe cavero sanghe putente arrevuotete ind'e viscere d'a gente anema d'o munno anema migrante scuotoliala scetala sta gente», cantano gli Almamegretta sintonizzandosi con un patrimonio musicale che coniuga folk e ribellione… «È una traccia del passato che ritorna e sarebbe assurdo metterlo a tacere. Mi ricordo che quando ero piccolo, il lunedì sfilavano le carrette con le "frasche di palma" e con orchestrali che suonavano tamorre e flauti. Per i contadini la danza esorcizzava il negativo, era un atto di liberazione. E a noi piace partire dalla tammur

riata per arrivare alle esperienze psichedeliche che alterano gli stati reali. Per questo amiamo molto il dub, è un tipo di musica che scarnifica la struttura musicale lasciando soltanto i ritmi, in linea di massima il basso e la batteria, con l'aggiunta di effetti che dilatano la scansione del tempo. Tutto questo ti dà la perd

ita della dimensione temporale, come hanno insegnato i più grandi maestri del rock, come Pink Floyd e Jimi Hendrix».

Aggiornato Venerdì, 09 Settembre 2005

Ultimo aggiornamento ( Martedì 28 Luglio 2020 11:22 )